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Storia dell’Abbazia
di Casamari

La stretta osservanza della Regola benedettina di Casamari: la fondazione del monastero nell’XI secolo, l’età dell’oro dell’abbazia cistercense, la commenda e la rinascita con i monaci trappisti, le soppressioni e il ritorno dei cistercensi.

I benedettini di Cereatae Marianae

La fondazione del monastero benedettino di Cereatae Marianae, sulle fondamenta di un tempio pagano, dedicato a Marte, risale alla prima metà dell’XI secolo. Il primo gruppo di monaci stabilitisi nel territorio dell’antico insediamento romano nei pressi di Arpino intorno al 1036 era costituito da seguaci del benedettino Domenico da Foligno, che negli stessi anni aveva lasciato il cenobio cassinese e organizzato alcuni monasteri a Sora e nei dintorni. La comunità di Casamari si caratterizza sin dagli esordi come un vivace centro spirituale e culturale. Sotto l’abbaziato di Agostino I (1090 ca.) l’autorità del monastero si estende sul circondario; la sua biblioteca include codici di carattere liturgico, esegetico, patristico e opere di autori classici.

L’abbazia cistercense di Casamari

Circa un secolo più tardi, su impulso di papa Eugenio III, il cenobio di Casamari abbraccia la riforma cistercense. Nel periodo compreso tra il 1143 e il 1152, la riforma intende riportare alla stretta osservanza della Regola di San Benedetto una realtà in piena decadenza economica e spirituale. Il monastero rifiorisce grazie al lavoro dei monaci cistercensi, impegnati nella liturgia, nel lavoro manuale, nell’attività di trascrizione e studio dei codici. La mobilità dei monaci cistercensi consente una circolazione di libri, pratiche, idee: intorno al 1180, l’abbazia di Casamari ospita il confratello Gioacchino da Fiore.

A cavallo tra il XII e il XIII secolo, l’abate Giraldo promuove il rinnovamento architettonico del monastero e l’espansione dell’ordine cistercense nell’Italia centro-meridionale, dove le filiazioni di Casamari comprenderanno comunità in Toscana, Calabria, Basilicata, Sicilia. Nel XIII secolo, l’abbazia prospera sotto la protezione di Federico II e dei pontefici Innocenzo III e papa Onorio III. È proprio papa Onorio III ad inaugurare, nel 1217, la chiesa del nuovo complesso abbaziale, uno dei più straordinari esempi di architettura gotico-cistercense dell’Italia meridionale.

Dalla commenda all’arrivo dei monaci trappisti

La vitalità spirituale, economica e culturale dell’abbazia di Casamari si spegne progressivamente a partire dall’inizio del XV secolo. Nel 1430, papa Martino V affida il monastero ad un cardinale commendatario. Per quasi due secoli, la comunità sarà affidata ad un abate non residente, raramente interessato alle sorti della vita del monastero. Il grande complesso abbaziale di Casamari si spopola: all’inizio del Seicento ospita solo otto monaci. A stimolarne la rinascita non è l’annessione alla congregazione cistercense romana promossa nel 1623 da papa Gregorio XV ma, nel 1717, l’arrivo dei monaci trappisti – appartenenti alla congregazione cistercense riformata – provenienti dalla badia toscana del Buonsollazzo.

Lo straordinario patrimonio dell’abbazia di Casamari, già compromesso a causa delle spoliazioni subite nel lungo periodo della commenda, è pesantemente danneggiato in seguito alle razzie dei soldati napoleonici alla fine del Settecento. Nel corso dell’Ottocento, ulteriori perdite si registrano in seguito agli scontri tra soldati borbonici e truppe dell’esercito piemontese negli anni della formazione del Regno d’Italia, quando il monastero è dato alle fiamme.

L’abbazia di Casamari “monumento nazionale”

Dopo l’annessione di Roma al Regno d’Italia, si applica alle case degli ordini religiosi dei territori dello Stato Pontificio la legge sulle Corporazioni religiose e sull’asse ecclesiastico: tutti i loro beni sono ceduti allo Stato. Con la 28 febbraio 1874, n. 206, la tutela speciale riservata ai “monumenti nazionali” di Montecassino e Cava dei Tirreni, di San Martino della Scala, di Monreale e della Certosa di Pavia viene estesa alle abbazie di Casamari e Grottaferrata (abbazia di San Nilo).

La comunità monastica di Casamari rifiorisce sia dal punto di vista spirituale sia dal punto di vista economico. Nel 1929, è eletta congregazione monastica e ritorna all’ordine cistercense. Trasformata in ospedale da campo dai tedeschi durante il secondo conflitto mondiale, non subisce danni e prosegue la sua attività nel dopoguerra. Negli anni che seguono, all’abbazia cistercense di Casamari vengono aggregati alcuni monasteri del territorio – come quelli di Domenico di Sora, di Valvisciolo, di Chiaravalle della Colomba, la Certosa di Trisulti –, in Italia e nel resto del mondo, come quelli di Santa Maria di Chiaravalle in Brasile, di Santa Maria di Mendita in Etiopia, di Nostra Signora di Fatima negli Stati Uniti.