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Storia dell’Abbazia
di Montecassino

Storia e vicissitudini dell’Abbazia di Montecassino, dal piccolo cenobio riunito intorno al fondatore san Benedetto alla ricostruzione postbellica degli anni Cinquanta del Novecento.

Un monastero fondato da san Benedetto

Fondato da san Benedetto da Norcia sui resti dell’acropoli del Monte che domina l’antico Castrum Casinum intorno all’anno 529, il monastero è costituito sin dall’inizio come una grande struttura centralizzata e unitaria. Benedetto e i primi monaci del cenobio cassinese si dedicano all’evangelizzazione e alla cura pastorale delle comunità del circondario, alla formazione degli aspiranti monaci oltre che alla costruzione materiale delle strutture, la chiesa, l’oratorio. Qui, il padre dell’ordine benedettino conclude la composizione della Regola prima di morire dopo il 546. La sua particolare posizione, tra Roma e Napoli, in un territorio ricco e fertile, oggetto di contesa tra le autorità sovrane sulle regioni confinanti, colloca l’Abbazia al centro di dispute e accordi diplomatici.

A pochi decenni dalla fondazione, nel 577, sotto l’abate Bonito – il quarto successore del fondatore – il monastero subisce la prima di una serie di distruzioni, integrali o parziali, della sua storia. Sono i longobardi, capeggiati da Zotone, duca di Benevento, ad attaccare e costringere la comunità all’esilio, a Roma.

Il monastero è riedificato solo all’inizio dell’VIII secolo: intorno al 718, papa Gregorio II affida al monaco bresciano Petronace, futuro abate, e ad un gruppo di confratelli provenienti dal monastero di San Vincenzo al Volturno il compito di ricostituire il cenobio. Ben presto la comunità ricomincia a crescere, accogliendo monaci provenienti da Inghilterra, Francia, Spagna, Germania e dal mondo bizantino, e il suo prestigio aumenta. Il nuovo insediamento gode del sostegno del ducato di Benevento, che concede al monastero il governo dell’ampio territorio tra le contee di Aquino, Teano, Comino, Venafro e il ducato di Gaeta. Aumentano i suoi possedimenti, la Terra Sancti Benedicti espande i propri confini. Nel 748, papa Zaccaria inaugura l’abbazia e dona ai monaci il codice originale della Regola, proveniente dagli archivi papali, andato perduto durante l’esilio a Teano a causa di un incendio.

Tra l’VIII e il IX secolo, si consolidano usi liturgici e consuetudini “cassinesi” mentre nello scriptorium – dove operano grandi maestri come Paolo Diacono – si trascrivono codici che vanno ad alimentare la biblioteca dell’Abbazia. Forte della sua centralità spirituale, nella temperie politica di quel periodo, nel rapporto tra longobardi, franchi e papato, il monastero di Montecassino svolge un ruolo talvolta di mediazione talaltra di sostegno ad una parte o dell’altra, ospitando illustri membri della curia romana e delle famiglie regnanti. Il 28 marzo 787, sotto l’abate Teodemaro, Carlo Magno visita l’Abbazia e conferma possedimenti, immunità e il diritto alla libera elezione dell’abate.

All’inizio del IX secolo si affaccia il pericolo saraceno: temporaneamente arginato nell’848, grazie all’intervento delle truppe imperiali, si manifesta nella sua potenza devastante quarant’anni dopo. Il 4 settembre 883, i Saraceni di Agropoli distruggono il monastero uccidendo l’abate Bertario e i suoi monaci. I monaci superstiti sono accolti presso le comunità di San Benedetto di Teano e poi a Capua.

Il periodo d’oro dell’Abbazia di Montecassino

Nel 949, con il ritorno a Montecassino, al seguito dell’abate Aligerno, ha inizio per il cenobio cassinese la ricostruzione. La rinascita è insieme spirituale, culturale e materiale e segna l’avvio di un lungo periodo di splendore che l’Abbazia raggiungerà compiutamente nel secolo successivo, nella seconda metà dell’XI secolo. Sempre più saldamente ancorata alle sorti dell’impero germanico nelle sue lotte contro quel che resta del dominio bizantino nel sud Italia, è posta sotto il governo di abati graditi all’imperatore, come Teobaldo (1022-1035) e poi Richerio (1038-1055). In questa fase, si accrescono la specializzazione e la fama dello scriptorium e della scuola dei copisti e dei miniaturisti di Montecassino. La riforma liturgica e spirituale esprime un’inversione di tendenza rispetto al disordine del periodo dell’esilio e una spinta al rinnovamento disciplinare e morale del cenobio. Montecassino è una fucina di santi e ospita tra le sue mura importanti visitatori provenienti da monasteri italiani ed europei: san Nilo da Grottaferrata, san Guglielmo da Montevergine, san Odilone da Cluny, san Adalberto da Praga, san Bernardo da Chiaravalle, san Pier Damiani…

Il più grande degli abati di Montecassino è Desiderio (1058-1087), promotore di un rinnovamento culturale, architettonico e artistico dell’abbazia. Al tempo dell’abbaziato di Desiderio di deve un imponente programma di interventi architettonici; si costruisce una nuova basilica, che sarà inaugurata da papa Alessandro II. L’incremento del patrimonio librario è strabiliante e i maestri che vi operano sono tra i più illustri del tempo. Allo stesso tempo, la Terra Sancti Benedicti si amplia ulteriormente. L’abate di Montecassino è nominato legato pontificio, cardinale e vicario papale per l’Italia meridionale e partecipa al sinodo lateranense; nello stesso tempo, monaci cassinesi sono nominati vescovi di numerose diocesi dell’Italia meridionale. Dal punto di vista politico, Desiderio favorisce il dialogo e la mediazione tra il papa e i normanni e, nei confronti del sovrano germanico Enrico IV, assume un atteggiamento di prudenza.

Se i primi successori di Desiderio si distinguono per le capacità politiche e amministrative, come Oderisio I (1087-1105) e Oderisio II (1123-1126), e i pontefici Innocenzo III e Onorio II confermano possedimenti e rendite del monastero, nel XII secolo, il centro monastico cassinese e i suoi abati perdono progressivamente il ruolo di promotori dell’equilibrio e della mediazione tra papato e normanni, schierandosi apertamente e subendone le conseguenze. Nel 1156, con l’ingresso nel regno normanno si avvia un processo di progressivo declino, che l’instabilità politica dei decenni successivi – la successione degli svevi poi l’incoronazione di Federico II (1220) – non contribuisce ad arrestare.

Nel conflitto tra papato e impero, nel 1239 Montecassino subisce l’occupazione da parte delle truppe di Federico che lo trasformano in un presidio militare mentre i monaci sono allontanati dall’abbazia. Vi faranno ritorno solo nel 1266, guidati dall’abate francese Bernardo Aiglerio (1263-1282), che si impegna in un’opera di riorganizzazione amministrativa della Terra Sancti Benedicti, si adopera per il ripristino della vita monastica e delle attività di formazione degli aspiranti monaci e convoca un sinodo diocesano. I numerosi abati che si susseguono alla guida dell’abbazia dopo la sua morte non lasciano il segno, mentre l’ingerenza dei pontefici si fa sempre più pressante.

Sede episcopale, commenda e ingresso nella congregazione di Santa Giustina

Per quasi cinquant’anni, dal 1322 al 1367 l’Abbazia di Montecassino è sede episcopale, a cui è elevata dal papa Giovanni XXII con la bolla Supernus opifex. Ma l’assenza degli abati-vescovi dalla sede, le scorribande del capitano di ventura Giacomo di Pignataro e soprattutto il devastante terremoto del 1349 provocano la rovina dell’antico monastero.

È papa Urbano V, il 31 marzo del 1367, a sopprimere l’episcopato, ripristinare lo status di abbazia e nominare un nuovo abate, il monaco camaldolese Andrea da Faenza a cui è demandato il compito di affrontare la situazione di degrado in cui versa il cenobio e ripristinare l’osservanza della Regola. Una missione portata avanti anche dal suo successore Pietro de Tartaris (1374-1395), ma gli abati che si susseguono a cavallo tra il XIV e il XV secolo e una nuova fase di instabilità politica derivante dalle lotte tra francesi e spagnoli per la successione nel regno di Napoli aggravano nuovamente la situazione, che sfocia nel 1454 nell’affidamento dell’Abbazia in commenda.

Dal 1465 al 1504, una serie di cardinali si sussegue alla guida del monastero, senza tuttavia risiedervi: il cardinale Ludovico Trevisan, papa Paolo II, il cardinale Giovanni d’Aragona, e infine Giovanni de’ Medici. Una fase segnata anche dallo sfruttamento e dall’appropriazione dei beni materiali dell’abbazia e dei tesori di carta della sua biblioteca. All’alba dell’età moderna, è l’ingresso di Montecassino nella congregazione di Santa Giustina (1504) a segnare la fine di questo periodo. Nata circa un secolo prima sulla spinta della riforma promossa dall’abate del monastero benedettino di Santa Giustina a Padova Ludovico Barbo, la congregazione ha riunito nel suo nome alcuni monasteri e, all’ingresso dell’abbazia di Montecassino cambia la sua denominazione in congregazione cassinese.

L’età moderna

Nel XVI secolo il cenobio cassinese – che ormai gravita nell’orbita del regno di Napoli e dei suoi governanti – vive un’autentica rinascita grazie alla dedizione dei suoi abati, tra i quali si distinguono Eusebio Fontana da Modena e, più tardi, l’illustre umanista fiorentino Ignazio Squarcialupi. A loro si devono il ripristino della vita monastica e della stretta osservanza, la riorganizzazione amministrativa dell’abbazia, la ripresa dell’attività dell’archivio e della biblioteca e degli studi, il rinnovamento architettonico del complesso. Nel cenobio cassinese si distinguono maestri e letterati quali il poeta, letterato umanista Onorato Fascitelli, il poeta Leonardo Sforza degli Oddi, il teologo, biblista, maestro di ebraico, greco e latino Angelo de Faggis, che sarà poi abate di Montecassino; i maestri miniaturisti Giovanni Boccardi e Matteo da Terranova; il docente di diritto canonico Benedetto Canofilo da Castel di Sangro; Zaccaria Sereno, già cavaliere di Malta prima di diventare monaco a Montecassino; l’archivista e bibliotecario Erasmo Gattola, che accoglierà a Montecassino i confratelli studiosi Jean Mabillon e Bernard de Montfaucon.

Nel clima della controriforma, si apre il seminario diocesano. Tra XVI e XVII secolo sono chiamati a contribuire al cantiere del monastero e alla costruzione della nuova basilica architetti quali Antonio da Sangallo il Giovane, e il Bramante, al quale si deve la meravigliosa Loggia del paradiso, distrutta nel bombardamento del 1944. E, più tardi, gli architetti Orazio Torriani e Cosimo Fanzago e i pittori Luca Giordano, Sebastiano Conca, Francesco Solimena… La basilica è consacrata da papa Benedetto XIII nel 1727.

Alla fine del XVIII secolo, sono le truppe di Napoleone Bonaparte ad arrestare questa fase di fioritura della vita monastica nell’abbazia, saccheggiando gli edifici e appiccando incendi. All’inizio del nuovo secolo, quindi, le leggi di soppressione (1806-1807) promulgate da Giuseppe Bonaparte, re di Napoli, stravolgono la struttura religiosa, amministrativa ed economica dei monasteri del regno: l’abbazia diventa uno “Stabilimento di oggetti d’arte e antichità”, praticamente un museo, mentre l’abate e pochi monaci sono autorizzati a restare in qualità di custodi, sotto la supervisione dell’esercito. Il ritorno alla normalità, dopo la restaurazione, è di breve durata. Presto si innescano i primi moti rivoluzionari e si profilano le guerre risorgimentali.

Il cenobio cassinese dall’Unità d’Italia ad oggi

Con l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna e la proclamazione del Regno d’Italia (1861), si teme che il monastero venga soppresso e la millenaria storia del cenobio cassinese profanata. Sono molti ad intercedere in favore dell’Abbazia di Montecassino presso il nuovo governo, come il britannico William Ewart Gladstone, in seguito primo ministro. Tra i monaci cassinesi, molti dei quali ferventi patrioti, si distingue Luigi Tosti che rivolge un accorato appello al neonato parlamento italiano S. Benedetto al Parlamento nazionale. Ma la legge 7 luglio 1866 n. 3036, per la soppressione delle Corporazioni religiose, dichiara Montecassino monumento nazionale. Il monastero diventa sede della diocesi cassinese, di cui l’abate è l’ordinario, e residenza del capitolo dei monaci. La gestione del suo straordinario patrimonio è posta sotto il controllo del governo italiano.

Il periodo a cavallo tra XIX e XX secolo è segnato da un grande fervore intellettuale e spirituale, volto a ravvivare la vita monastica anche attraverso la promozione di studi letterari e ricerche scientifiche, con la costituzione di una tipografia, la promozione di collane editoriali, l’apertura del cantiere del nuovo santuario della Torre di San Benedetto e della cripta della basilica a cui lavorano i confratelli della scuola artistica di Beuron e la costruzione di un osservatorio meteorologico e geodinamico. Nel 1880 a Montecassino si festeggia il XIV centenario della nascita del fondatore, e nel 1929, il papa Pio XI presiede alle celebrazioni per il XIV centenario della fondazione, che hanno luogo sotto l’abbaziato di Gregorio Diamare, il monaco che, allo scoppio del secondo conflitto mondiale, si trova ad affrontare il pericolo – poi concretizzatosi nel febbraio 1944 con il bombardamento alleato – di una nuova distruzione del complesso monastico.

È poi il suo successore l’abate Ildefonso Rea (1945-1971) a presiedere ai lavori di ricostruzione dell’Abbazia di Montecassino e a sovrintendere al lavoro di ricostituzione del suo ingente patrimonio librario. La consacrazione della nuova basilica, il 24 ottobre 1964, alla presenza di papa Paolo VI, è una pietra miliare nella storia millenaria del monastero e dell’ordine benedettino: il pontefice proclama San Benedetto patrono primario d’Europa. Meta di pellegrinaggio, ha ricevuto negli ultimi decenni la visita di papa Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Nel 2014, Montecassino – alla guida del quale il papa Francesco nomina il monaco Donato Ogliari – perde la giurisdizione episcopale sulla diocesi cassinese (che passa al vescovo di Sora-Aquino-Pontecorvo), tornando a configurarsi come Abbazia territoriale.