Biblioteca della Badia
di Cava de’ Tirreni

Il fondo antico della raccolta libraria della biblioteca della Badia della Santissima Trinità comprende codici membranacei e manoscritti cartacei, oltre a numerosi incunaboli e cinquecentine.

La prima raccolta libraria del cenobio cavense

Secondo l’uso della Regola di San Benedetto, il primo insediamento monastico di Cava dei Tirreni voluto dall’abate Alferio è dotato di una raccolta di libri, utili al monaco per la sua formazione spirituale. Tra il XII e il XIV secolo, la raccolta libraria cavense si arricchisce tanto attraverso cospicue donazioni quanto grazie a codici compilati dai monaci del cenobio. Antichi codici ancora oggi conservati nella biblioteca della Badia della Santissima Trinità di Cava testimoniano, infatti, della precoce istituzione di uno scriptorium, presso il quale è attestato l’uso della scrittura beneventana per un lungo periodo di tempo (XII-XIII secolo).

Come il manoscritto membranaceo Cod. 3 (copia a più mani del De temporibus, di Beda il Venerabile), datato alla prima metà dell’XI secolo, tra i più antichi codici attualmente conservati nella biblioteca. Oppure il Cod. 9 (XII secolo), a lungo ritenuto opera di Gregorio Magno e oggi attribuito al monaco Pietro di Cava.

Uscito dallo scriptorium della Badia della Santissima Trinità è anche il Cod. 18 (XIII secolo) De septem sigillis, opera teologica del monaco Benedetto di Bari che contiene un’interessante illustrazione raffigurante l’autore nell’atto di offrire all’abate Balsamo il suo lavoro al quale ha dedicato un’intera vita: il monaco è rappresentato con due teste, una lo mostra giovane, l’altra anziano.

Infine, il Cod. 19, che attesta l’uso della beneventana in questo scriptorium ancora nel XIII secolo, raccoglie vari testi biblici e la Regula Sancti Benedicti e permette di apprezzare il lavoro dei miniaturisti locali che realizzarono le belle iniziali.

Da altro scriptorium proviene invece il Cod. 4 contenente il Codex Legum Regum Langobardorum, manoscritto membranaceo donato alla badia di Cava nel 1263 dall’arciprete di Casalrotto; una preziosa raccolta delle leggi longobarde.

Incrementi e dispersioni del patrimonio librario della biblioteca cavense

I Regesta conservati nell’archivio della badia della Santissima Trinità mostrano la vivace attività della biblioteca e dello scriptorium cavensi. Ancora nel XIV secolo, si acquisiscono manoscritti e si acquista materiale scrittorio e legature di libri. A questo periodo risale l’ingresso nella collezione cavense dello Speculum historiale di Vincenzo di Beauvais, splendidamente miniato, e – presumibilmente – di una Bibbia di origine spagnola del IX secolo, quasi interamente in scrittura visigotica, con iniziali ornate, copiata dall’amanuense Daniele e da suoi collaboratori, e ricca di notevoli decorazioni ad opera di un miniatore di Oviedo.

Ulteriori incrementi del fondo bibliotecario cavense risalgono poi agli anni che seguono l’ingresso dell’abbazia nella congregazione di Santa Giustina: tra la fine del XV e il XVI secolo i monaci pellegrini portano a Cava dei Tirreni nuovi manoscritti e i primi libri a stampa. E nello scriptorium si copiano ancora libri corali, a cui lavorano eccellenti miniaturisti fiorentini. Una svolta importante, dopo il periodo di decadenza coinciso con gli anni della commenda (XV secolo), durante i quali la biblioteca aveva subito la dispersione di codici e manoscritti della prima raccolta. All’abate Vittorino Manso (1588-1592) si deve l’acquisizione di incunaboli, che scelse di separare dai manoscritti. Nel 1595, una bolla di papa Clemente VIII vieta di asportare libri dalla biblioteca della badia della Santissima Trinità.

Archivio e biblioteca verso le soppressioni

Tra il XVII e il XVIII secolo, la biblioteca è più volte oggetto di ristrutturazioni, che consentono di ampliare e rinnovare gli spazi dedicati ai volumi, con la costruzione e l’installazione di nuovi armadi, arche e scaffalature. Nel 1685, il monaco maurino francese Jean Mabillon che soggiorna nel monastero di Cava ha modo di apprezzare i più preziosi codici della biblioteca: il Codex legum Langobardorum, il De Temporibus di Beda, il De septem sigillis… A partire da quell’epoca, numerosi visitatori raggiungono la badia per ammirare la sua biblioteca e il suo notevole archivio. Nella prima metà del XVIII secolo, l’abate Filippo Maria De Pace promuove ulteriori acquisizioni, in particolare di cinquecentine con testi di autori classici; crescono gli studi sulle raccolte dell’archivio e della biblioteca. Ma nel dicembre 1796, la notte di Natale, una frana si abbatte sul monastero e il patrimonio librario subisce ingenti danni: si perdono manoscritti e libri a stampa.

A compromettere la collezione del cenobio cavense, nel XIX secolo, contribuiscono poi le tumultuose vicende concomitanti alla nascita del Regno di Napoli “napoleonico” e quelle dell’Unità d’Italia. Le leggi di soppressione napoleoniche e, più tardi, quelle stabilite dal re d’Italia minacciano le corporazioni religiose e il loro patrimonio culturale, ma la badia di Cava dei Tirreni si salva. Sono anni durante i quali non viene meno l’impegno dei monaci, che si dedicano alla stesura di indici, cataloghi, regesti dei beni archivistici e bibliotecari della badia. Negli ultimi decenni del secolo si pubblica il Codex Diplomaticus Cavensis, con il testo integrale di oltre 2.000 pergamene dell’archivio.

L’attività dell’attuale biblioteca della Badia di Cava

In età contemporanea, non è cessato l’impegno del cenobio cavense per la salvaguardia del patrimonio librario della Biblioteca annessa al monumento nazionale della Badia, che è stato incrementato nel tempo attraverso l’acquisizione di preziosi esemplari e nuovi testi di teologia, filosofia, patristica, storia, e grazie a importanti donazioni private, destinate ad arricchire il fondo moderno con testi di diritto, arte, letteratura. In tempi più recenti, i progetti di catalogazione, digitalizzazione e fruizione online del patrimonio bibliografico della biblioteca della Badia della Santissima Trinità di Cava (2013) hanno consentito di rendere accessibile una parte importante del suo repertorio manoscritto, in particolare i Codices Cavenses e il prezioso Codex Diplomaticus Cavensis.