La biblioteca dell’Abbazia
di Montecassino
L’origine della straordinaria raccolta libraria cassinese, oggi annessa al monumento nazionale di Montecassino, risale alla piccola biblioteca medievale dei primi monaci del cenobio e al suo operoso e vivace scriptorium.
Lo splendore della biblioteca medievale cassinese
Se non c’è traccia della biblioteca delle origini, sono giunte sino a noi testimonianze della produzione libraria dell’VIII-IX secolo. Come il codice 753, della seconda metà dell’VIII secolo, lat. 7530 (Parigi, Bibliothèque Nationale de France) e ms. 2 (Cava dei Tirreni, Archivio della Badia della SS. Trinità). La vivacità culturale del monastero in questi decenni è attestata poi dalla presenza di grandi maestri, come Paolo Diacono: la sua fama attira a Montecassino giovani discepoli inviati da duchi e principi. Nello stesso tempo, l’attività di trascrizione di codici a Montecassino alla metà dell’VIII secolo è documentata anche a partire dalle notizie circa la presenza di Anselmo, duca del Friuli e fondatore dell’abbazia di Nonantola, che durante il suo esilio presso l’abbazia acquisisce manoscritti che andranno ad arricchire la biblioteca del cenobio modenese.
Al IX secolo risalgono invece i codici 3, 69, 187, 299, 374, 575, tra quelli ancora presenti nell’archivio cassinese, oppure Plut. 73.41 (Firenze, Biblioteca laurenziana) e Ms. 641 (Roma, Biblioteca Casanatense), che risalgono al periodo che precede la seconda distruzione di Montecassino, operata dai saraceni: scritti di patristica, ma anche raccolte di testi di argomento medico, astronomici e computistici.
Nel X secolo, l’attività dello scriptorium cassinese non si interrompe nel periodo del lungo esilio, a San Benedetto di Teano e poi a Capua, seguito alla distruzione saracena. La produzione libraria rifiorisce negli anni dell’esilio, in particolare durante l’abbaziato di Giovanni di Capua (914-934). Risale a questa fase la compilazione del codice Casin. 175, la più antica copia illustrata della Regola.
L’età d’oro dell’abate Desiderio
L’XI secolo è il periodo durante il quale la produzione libraria cresce notevolmente e la biblioteca di Montecassino si arricchisce di manoscritti; si comincia con l’abbaziato di Teobaldo (1022-1035), quando è realizzato il De rerum naturis di Rabano Mauro (Casin. 132), autentico capolavoro della miniatura medievale; le attività proseguono con l’abate Richerio (1038-1055), ma è durante l’abbaziato di Desiderio (1058-1087) che l’abbazia si trasforma in un vero e proprio “arsenale della cultura classica e medievale”. Montecassino diventa così anche uno dei maggiori centri di diffusione della scrittura beneventana.
Al tempo dell’abate Desiderio, sotto la guida del bibliotecario Leone Marsicano, i monaci dello scriptorium di Montecassino sono impegnati nella trascrizione di testi della latinità pagana, come Varrone, Cicerone, Virgilio, Ovidio, Frontino, Seneca, Solino, Tacito, Apuleio e autori cristiani, come Agostino, Ilario, Gregorio Magno; omiliari e testi per la liturgia e la devozione, trattati di medicina, geografia, astronomia, diritto…
Circa 85 manoscritti, molti dei quali decorati, stando alle liste dei Chronica monasterii casinensis, sono allestiti dai monaci cassinesi in quegli anni: lezionari come Casin. 453, passionari come Casin. 140, codici veterotestamentari come Casin. 520 e Casin. 571, oltre a splendidi omiliari, tra i quali spicca Casin. 99, per le feste del tempo di Natale. Ma anche testi di padri della Chiesa e scrittori ecclesiastici come Casin. 314 (Cassiano De institutis coenobiorum) e testi di storia come l’Historia Francorum di Gregorio di Tours o il Res gestae Saxonicae di Widukindo di Covey. Altri manoscritti vi giungono in dono da altri monasteri o sono acquisiti dall’abbazia, riconosciuto centro culturale europeo: opere mediche latine, arabe e greche, portate dal monaco Costantino Africano, oppure il Casin. 465 proveniente dal monastero molisano di San Pietro Avellana. Non tutti i codici dell’epoca desideriana sono attualmente conservati nell’Archivio di Montecassino, come il prezioso Lectionarium in festis ss. Benedicti, Mauri et Scholasticae (Vat. lat. 1202), del 1058-1087, che restituisce un’immagine dell’importanza strategica dello scriptorium e della biblioteca di Montecassino al tempo dell’abate Desiderio:
Cum domibus miror plures, pater, accipe libros / Rura lacus presto. Caeli michi prestitor esto
- I tanti libri che vedo in casa, padre, vogliate accettarli. / Così pure le terre e i laghi. Voi donerete a me il Paradiso.
è il testo della dedica associata all’illustrazione del lezionario, nella quale l’abate, ai piedi del quale sono posti numerosi libri, offre a San Benedetto il volume, a sottolineare la ricchezza dei suoi doni, insieme alle terre.
Il tardo medioevo cassinese
Lasciata alle spalle l’età dell’oro desideriana, all’alba del XII secolo la vita dello scriptorium e della biblioteca del cenobio cassinese ruota intorno al lavoro dei suoi scribi, rubricatori, illustratori, saldamente ancorati alla tradizione. Spicca in questo secolo la figura del bibliothecarius, cartularius, scriniarius Pietro Diacono (1107/1110-dopo 1159), prolifico autore e compilatore del cartulario del monastero cassinese, il cosiddetto Registrum Petri Diaconi, sul modello della Chronica monasterii Casinensis di Leone Marsicano che lui stesso aveva contribuito a completare. Ma alla metà del XII secolo l’abbazia, coinvolta nelle vicende politiche e nelle dispute tra papato e impero, si avvia verso un inarrestabile declino, che l’instabilità amministrativa e istituzionale dei decenni seguenti non contribuisce ad arrestare.
Non meno nefasta per la comunità benedettina e per l’attività del suo scriptorium, sono l’espulsione dei monaci e l’occupazione militare delle truppe di Federico II della prima metà del XIII secolo. Negli anni seguenti, è solo lo sforzo dell’abate Bernardo Aiglerio (1263-1282) a consentire il ripristino del patrimonio dei beni e delle raccolte librarie cassinesi. Al periodo di decadenza che interessa la Montecassino a cavallo tra il XIII e il XIV secolo risale il Casin. 445, commento giuridico alla Regola di san Benedetto del monaco Nicola da Frattura.
Biblioteca e archivio verso l’età moderna
A breve distanza dal disastroso terremoto del 1349, che colpisce duramente l’abbazia e ne danneggia la biblioteca e praticamente tutti gli ambienti, il soggiorno a Montecassino di illustri studiosi danno inizio ad una lunga stagione di visite di eruditi: una fase nella quale il danneggiamento delle strutture è coinciso con una spoliazione dell’antica biblioteca. L’interesse per i classici che va maturando nel XIV secolo porta a Montecassino letterati quali i fiorentini Zanobi da Strada e Giovanni Boccaccio. In questo frangente vengono sottratti dalla raccolta cassinese manoscritti unici come il più antico testimone (fine del sec. XI) dei superstiti libri V-X del De lingua latina di Varrone, oggi a Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana (Plut. 51.10), manoscritto che conserva anche la Pro Cluentio di Cicerone e la Rhetorica ad Herennium.
I codici cassinesi nelle biblioteche umanistiche dei principi e dai papi
Le “visite umanistiche” proseguono per tutto il XV secolo, nella cornice di un perdurante clima di instabilità amministrativa dell’Abbazia di Montecassino, che nella seconda metà del Quattrocento è posta sotto il controllo di abati commendatari (1454-1504), non residenti entro le mura del monastero. Mentre nello scriptorium, anche se in forma ridotta, si copiano testi della tradizionale cultura monastica (Casin. 319, Casin. 131, Casin. 72) e si trascrivono codici di argomento agiografico (Casin. 466, Casin. 92), continua la spoliazione della biblioteca, soprattutto ai danni delle raccolte di testi classici pagani, ma anche di testi di interesse religioso come l’odierno Vat. lat. 1202 che entra a far parte delle collezioni della biblioteca dei papi.
Roma insieme a Firenze sono le principali destinazioni dei preziosi manoscritti cassinesi. Nella Firenze dei Medici così come alla corte papale, giungono attraverso il lavoro di ricerca di letterati e umanisti quali Niccolò Niccoli, Poggio Bracciolini, Coluccio Salutati numerosi codici usciti dallo scriptorium desideriano. D’altra parte, nel 1453 lo stesso Enea Silvio Piccolomini, futuro papa Pio II, indica Montecassino e Subiaco quali mete di un’immaginaria esplorazione in compagnia di altri umanisti alla scoperta degli antichi manoscritti (Dialogo su un sogno). Pochi decenni prima dell’introduzione della stampa, a Montecassino si trascrive un codice di destinazione liturgica (Casin. 466), Passiones et Vitae, contenente alcuni testi in scrittura beneventana, praticamente scomparsa altrove.
Alla seconda metà del XV secolo risale un prezioso inventario dei codici cassinesi promosso nel periodo della commenda dal papa Paolo II, tra il 1465 e il 1469, conservato nel codice Vat. lat. 3961, utile a documentare lo status della biblioteca dell’abbazia all’epoca e a individuare l’origine di molti codici dispersi nei decenni successivi. Gli ultimi anni della commenda coincidono con l’incontro di Montecassino con il libro a stampa; ancora oggi si conservano numerosi incunaboli acquisiti nei primi anni della produzione del libro.
La biblioteca di Montecassino in età moderna
La fine della commenda e l’ingresso nella congregazione di Santa Giustina (1504) inaugurano la fase di rinascita materiale e culturale del cenobio cassinese, di ripresa dell’attività di studio nella biblioteca e nell’archivio del monastero, grazie anche al rifiorire dello scambio culturale e della circolazione di uomini. Nel XVI secolo l’Abbazia ospita letterati, giuristi, teologi – come Crisostomo Calvini da S. Gemiliano, autore di una traduzione dal greco in latino dei sermoni di Doroteo, archimandrita di Gaza, edita a Venezia da Bolognino Zaltieri nel 1564 – oltre a bibliotecari e archivisti a cui si deve il parziale recupero di antichi codici e l’acquisizione di nuovi volumi e edizioni a stampa. E se l’Abbazia di Montecassino non possiede una tipografia propria, una traccia dell’interesse per la stampa da parte degli studiosi e letterati del cenobio è testimoniata dal lavoro del monaco Onorato Fascitelli, che collabora con il veneziano Paolo Manuzio alla riedizione di opere di Ovidio, di Lattanzio e di Cicerone edite tra il 1534 e il 1540.
Con la bolla Cum sicut (5 aprile 1588), papa Sisto V vieta, se non per espressa licenza dell’autorità superiore, di asportare manoscritti e libri a stampa, che sappiamo dunque riuniti nella biblioteca monastica, distinta dall’archivio, accanto alla sala capitolare e aperta al pubblico, dove i libri sono fissati con tavole a una catena. È la biblioteca a cui accedono anche i visitatori che giungono a Montecassino nel XVII secolo: Lukas Holste (nel 1637), bibliotecario del cardinale Francesco Barberini e poi della Biblioteca Vaticana, i gesuiti belgi Gottfried Henschen e Daniel Papebrock (nel 1661).
Più tardi, i maurini francesi Jean Mabillon e Bernard de Montfaucon, che soggiornano nell’Abbazia rispettivamente nel 1685 e nel 1698 accedono presumibilmente alla biblioteca rinnovata per volere dell’abate Sebastiano Biancardi da Milano (1681-1687), con la nuova scaffalatura progettata da Giovanni Battista Contini, distrutta nel bombardamento del 1944, e consultano i codici nella copertura in piatti di cartone rivestiti di pergamena. Mentre la raccolta libraria è arricchita con l’acquisto di nuovi stampati – a testimoniarlo è il bibliotecario e archivista cassinese Erasmo Gattola –, il fondo dei manoscritti, in un momento non precisato ma intorno alla metà del XVIII secolo, viene riunificato con le carte nell’archivio dell’Abbazia, situato nel piano inferiore non lontano dall’ingresso. Sono i monaci Giovanni Battista e Placido Federici a compilare tra il 1763 e il 1768 un catalogo dei manoscritti della biblioteca di Montecassino, in 7 tomi.
Il destino del patrimonio librario dell’Abbazia dalle soppressioni al XX secolo
A cavallo tra Sette e Ottocento, il passaggio delle truppe napoleoniche e la legge napoleonica di soppressione degli ordini monastici non risparmiano l’Abbazia di Montecassino e tuttavia non minacciano il patrimonio dell’archivio e della biblioteca cassinesi, salvo l’asportazione del manoscritto Casin. 199, poi recuperato, mentre si registrano nuove acquisizioni come quella dei codici dell’Abbazia di San Michele Arcangelo in Planciano di Gaeta. Nel giro di pochi decenni, il cenobio cassinese subisce le conseguenze di una nuova legge sulle Corporazioni religiose e sull’asse ecclesiastico, quella del 1866. La biblioteca e l’archivio sono oggetto di tutela speciale e al loro interno rifioriscono gli studi, con la pubblicazione di raccolte, come la serie Bibliotheca Casinensis che propone l’analisi dei codici cassinesi, e di volumi dedicati ai codici e ai documenti d’archivio conservati nell’Abbazia, come la guida al patrimonio (1872) dal titolo Biblioteca de’ manoscritti di Monte-Cassino. Vengono installate per la prima volta una tipografia e una cromolitografia. Si distinguono i monaci Luigi Tosti, Cesare Quandel, Anselmo Caplet, Oderisio Piscicelli Taeggi e Andrea Caravita, a cui si deve la riorganizzazione dei codici all’interno della biblioteca, in 22 “materie”.
L’attività editoriale dell’Abbazia di Montecassino prosegue nei primi decenni del XX secolo, grazie al lavoro dei bibliotecari e degli archivisti del monastero, di studiosi e ricercatori: nel 1929 si pubblica il primo Catalogo degli incunaboli e tra il 1915 e il 1941 il Codicum Casinensium manoscriptorum catalogus a cura dell’archivista Mauro Inguanez. Ma con l’avvicinarsi del fronte, nel dicembre del 1943, si rende necessaria l’evacuazione del monastero e lo sgombero dell’archivio e della biblioteca. Vengono messi in salvo alla Rocca di Spoleto e poi a Roma i preziosi manoscritti e libri patrimonio dell’Abbazia, che sfuggono così alla distruzione causata dal bombardamento alleato del febbraio 1944.
E solo dopo la fine della guerra e la ricostruzione, nel 1955 i documenti e i codici possono far ritorno a Montecassino; nonostante le precauzioni, dei 120.000 volumi custoditi nella biblioteca cassinese, alla riapertura se ne contano 20.000. Il patrimonio librario della biblioteca di Montecassino conta attualmente 1.110 codici, 189 incunaboli e circa 25.000 volumi anteriori al 1848 (fondo antico) tra i quali oltre 2.000 cinquecentine, oltre a un fondo moderno che include circa 100.000 volumi posteriori al 1848.