La biblioteca dell’Abbazia
di Casamari
La cultura benedettina, la tradizione cistercense e la riforma trappista hanno modellato il composito patrimonio librario della biblioteca dell’Abbazia di Casamari, creato, disperso e ricostruito a partire dall’XI secolo e fino ai giorni nostri.
La prima raccolta dei benedettini di Casamari
La biblioteca dell’originaria abbazia di Casamari è presumibilmente composta di testi a carattere liturgico, utili alla vita spirituale del cenobio benedettino sorto all’inizio dell’XI secolo. La raccolta si accresce nei primi decenni dalla fondazione del monastero tramite acquisizione e produzione di nuovi codici, testi di padri della Chiesa e classici dell’antichità, in particolare durante l’abbaziato del colto Agostino da Capua (ca. 1090-1094). Rare tracce della committenza libraria dell’abate Agostino si trovano in frammenti conservati in altri codici come il ms. 1439 della Biblioteca Angelica, mentre risulta disperso un prezioso evangelario ornato con una legatura coperta di argento dorato dello scriptorium di Casamari.
Casamari cistercense e la dotazione libraria minima
Con il passaggio all’osservanza cistercense, alla metà del XII secolo, l’incremento del patrimonio librario è favorito dalle prescrizioni relative alla dotazione minima del monastero. Infatti, gli statuti capitolari prevedono che una nuova comunità cistercense debba possedere un nucleo di testi indispensabili: la Regola di san Benedetto e libri per la liturgia quali il messale, il salterio, l’innario… La novità cistercense a Casamari interessa anche il sistema grafico, con l’abbandono della beneventana in favore della gotica, e lo spazio fisico della conservazione del libro. Con la costruzione del nuovo complesso, in stile gotico-cistercense, l’abbazia di Casamari si dota di locali da adibire ad archivio, biblioteca e scriptorium.
La biblioteca di Casamari si arricchisce anche di testi non liturgici: entrano a far parte del suo patrimonio librario scritti di padri della Chiesa e testi giuridici. Risalgono al XII-XIV secolo preziosi manoscritti appartenuti alla biblioteca di Casamari, talvolta qui trascritti, quali il Sess. 110, contenente le glosse alle Istituzioni di Giustiniano, e il Sess. 104, con la Legenda aurea di Iacopo da Varagine, oggi alla Biblioteca nazionale centrale di Roma.
L’uso di dotare le nuove comunità di una raccolta minima, le donazioni episcopali e la mobilità dei monaci cistercensi favoriscono lo scambio e la circolazione di codici. Così, giungono a Casamari importanti studiosi, confratelli e religiosi, come Gioacchino da Fiore e Adamo di Perseigne, che vi soggiornano e promuovono la stesura e la copia di testi. Nello stesso tempo, nel suo scriptorium si trascrivono codici che andranno ad alimentare le biblioteche delle filiazioni come quelle di Santa Maria della Sambucina, in Calabria, o più tardi Santa Maria del Sagittario, in Lucania. Attualmente conservato proprio nella biblioteca di Casamari, il ms. A, codice che conserva la Regula di san Bendetto nelle varianti testuali della tradizione cistercense, era stato scritto per la biblioteca di Santa Maria della Sambucina (ca. 1204-1224).
Lo spoglio della biblioteca durante la commenda
Nel primo periodo della commenda, l’attività dello scriptorium di Casamari è ancora vivace. Risale al 1479 la trascrizione del De bellis civilibus Romanorum di Appiano Alessandrino (ms. 112), riccamente decorato, commissionato dall’abate commendatario Giuliano della Rovere. È lo stesso Giuliano della Rovere a promuovere la stesura di un altro prezioso codice, la cronaca delle vicende dell’abbazia. Generalmente attribuito a Giacomo De Uvis di Bauco, monaco di Casamari, il Chartarium Casaemariense è stato compilato più probabilmente da più mani, in periodi diversi; a lungo cercato, è ormai considerato perduto.
Alla fine del XV secolo, intanto, giungono a Casamari i primi libri a stampa. Tra gli incunaboli della collezione, testi legati alla tradizione cistercense e, in continuità con le consuetudini locali, testi giuridici. Tuttavia, la lunga parentesi della commenda – che si conclude formalmente solo nel 1850 – coincide con l’avvio della spoliazione della biblioteca e dell’archivio di Casamari. All’inizio del Seicento, il monastero di Casamari, così come numerose altre abbazie cistercensi italiane, si vede sottratti preziosi codici, raccolti dal generale dei cistercensi Ilarione Rancati (1594-1663) e trasferiti presso la nuova biblioteca dell’abbazia di Santa Croce in Gerusalemme a Roma.
Il riordino della raccolta dopo la riforma trappista
Nonostante le raccomandazioni di papa Gregorio XV, che nel 1621 chiede ai vescovi del territorio di mettere fine alle spoliazioni, la dispersione del patrimonio librario dell’abbazia prosegue senza interruzioni. Talvolta, sono gli stessi monaci a trafugare libri e oggetti preziosi. L’abbazia di Casamari versa in gravi condizioni di degrado.
All’inizio del XVII secolo, il ritorno alla stretta osservanza promosso dai monaci trappisti che giungono nel monastero inaugura un periodo di rinascita spirituale, materiale e culturale. Nello scriptorium si copiano manoscritti, in particolare testi liturgici; la biblioteca e l’archivio si arricchiscono di inventari e nuove cronache del monastero.
Ulteriori danni al patrimonio librario si registrano nel 1799 in seguito al passaggio delle truppe napoleoniche, che saccheggiano la biblioteca e danno alle fiamme parte della preziosa raccolta. In seguito alle soppressioni e all’espulsione dei monaci dall’abbazia, il patrimonio archivistico e librario viene trasferito a Veroli. Con la Restaurazione, solo una parte dei volumi e dei codici torna al monastero.
La biblioteca del Monumento nazionale di Casamari
L’instabilità provocata dai moti risorgimentali è causa di sottrazioni di libri e codici dal monastero di Casamari, che sono asportati dagli stessi monaci – nel tentativo di proteggerli dalle razzie – e trasferiti presso località e depositari che non si rivelano sicuri: numerosi volumi non faranno mai ritorno. Dopo l’Unità d’Italia, nel 1874, l’abbazia di Casamari è dichiarata Monumento nazionale; il suo patrimonio librario torna tra le mura del monastero, affidato in custodia ai monaci.
Negli anni Venti-Trenta del Novecento, la biblioteca di Casamari trova nuova e più adatta collocazione negli spazi dell’antico dispensarium, e viene riorganizzata e arricchita con nuovi volumi – libri doppi – provenienti da altre biblioteche statali, come la Biblioteca nazionale centrale di Roma, da donazioni di privati, da acquisizioni, come quella della biblioteca del soppresso convento di Sant’Agata di Ferentino.
Nel secondo dopoguerra, l’attività di custodia e valorizzazione della biblioteca di Casamari e del suo patrimonio prosegue attraverso lavori di ampliamento degli spazi e delle scaffalature, e grazie alle pubblicazioni della tipografia installata negli anni Cinquanta, e ad una vivace attività editoriale. Nuove donazioni e acquisizioni portano a Casamari preziosi volumi come quelli provenienti dalla biblioteca del monastero di San Domenico di Sora (1977-1979).
Il fondo antico della Biblioteca statale del Monumento nazionale di Casamari include 283 codici, 19 incunaboli, 364 edizioni del Cinquecento. Negli ultimi anni, gli studi sul patrimonio hanno dato vita a mostre e convegni, mentre progetti di catalogazione, digitalizzazione e fruizione online hanno consentito di rendere accessibili strumenti come il catalogo e la descrizione del fondo manoscritti della biblioteca di Casamari (progetto Manus) e gli stessi manoscritti in formato digitale (microfilmati).