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Storia dell’Abbazia
di Montevergine

Nel XII secolo, l’eremita Guglielmo da Vercelli dà vita alla comunità monastica di Montevergine, promuove la costruzione di una chiesa dedicata al culto della Madonna, ancora oggi meta di pellegrinaggio, e fonda la congregazione verginiana.

San Gugliemo: dall’eremitismo al cenobitismo

Fondatore del monastero arroccato sul Monte Partenio, san Guglielmo da Vercelli – la cui vita è narrata nella Legenda de vita et obitu sancti Guilielmi confessoris et heremitae – è il primo ad insediarsi nell’impervio rilievo dell’Appennino Campano, a poca distanza da Avellino, nella prima metà del XII secolo. Abbandonato il sogno di condurre vita eremitica, costituisce insieme ai suoi primi discepoli un piccolo cenobio. E in breve tempo dà vita ad una nuova famiglia monastica, uniformandosi alla Regula di San Benedetto, nel tentativo di un ritorno alla stretta osservanza del codice benedettino e di un rinnovamento della vita cenobitica.

La congregazione verginiana

La congregazione di Montevergine nasce nel 1126; è tenuta a battesimo dal vescovo Giovanni di Avellino che sale al Monte Partenio per inaugurare il primo complesso monastico e il Santuario dedicato a Maria:

…edificata la chiesa e raccolto ivi non piccolo numero di persone per il servizio di Dio, dietro il parere comune, Guglielmo decise che la suddetta chiesa fosse dedicata ad onore di Maria, Madre di Dio e sempre Vergine

Il santuario di Montevergine diventa meta di pellegrinaggio di devoti alla Madonna provenienti da tutto il regno normanno nell’Italia meridionale. Nello stesso tempo, la congregazione acquista e consolida il proprio potere, grazie a donazioni, concessioni ed esenzioni stabilite dai nuovi sovrani svevi e dalle gerarchie ecclesiastiche. Il complesso monastico di Montevergine include un ospizio per i pellegrini, oltre ad una biblioteca e uno scriptorium, per lo studio dei monaci, una casa di cura per gli ammalati e gli infermi, nella residenza in località Orreto (Loreto).

L’ascesa e il declino della congregazione di Montevergine

Nel XIII secolo, il monastero e le sue dipendenze – il “feudo monastico”, che include il territorio di Mercogliano – sono soggette unicamente all’autorità dell’abate. L’abbazia nullius di Montevergine è diocesi, con una propria curia; alle sue dipendenze nascono nuovi monasteri in Campania (come l’Abbazia del Goleto a Sant’Angelo dei Lombardi, fondata dallo stesso san Guglielmo), Puglia, Sicilia. Al lungo periodo di splendore della congregazione verginiana fa seguito una fase di decadenza, durante la quale l’autorità dell’Abbazia di Montevergine si riduce progressivamente, a partire dalla fine del XIV secolo, quando all’interno del monastero si vive la divisione provocata dal grande scisma d’Occidente. La situazione si aggrava poi al tempo della commenda (1430-1515), con il governo di cardinali non residenti, e sotto l’amministrazione della Casa dell’Annunziata di Napoli (1515-1588).

Il ritorno all’osservanza delle costituzioni verginiane

Nel 1588, papa Sisto V ristabilisce l’autorità degli abati della comunità di Montevergine; il XVII secolo segna la rinascita spirituale e, insieme, artistica e culturale dell’abbazia del Monte Partenio. Interessata dagli eventi sismici che scuotono l’Irpinia nella prima metà del Settecento, subisce ingenti danni durante il terremoto del 1732 e, pochi anni più tardi, è colpita dalle conseguenze delle leggi napoleoniche di soppressione degli ordini religiosi. Nel 1807, il complesso monastico diventa “Stabilimento”, analogamente a quanto accade alle abbazie di Montecassino e Cava dei Tirreni, e l’abate ne è nominato direttore; ma le altre comunità di monaci sono disperse. La diocesi di Montevergine, sciolta nel 1808, è ripristinata solo dopo il ritorno dei Borbone a Napoli.

Dall’ingresso nella congregazione sublacense al secondo dopoguerra

Negli anni turbolenti dell’unificazione italiana, la congregazione verginiana è soppressa e i suoi beni sono incamerati dal demanio (1862); papa Leone XIII stabilisce l’ingresso della comunità monastica di Montevergine nella congregazione sublacense (1879). L’abbazia di Montevergine è riconosciuta complesso monastico di “monumentale importanza” (1882), oggetto di tutela speciale da parte dello Stato italiano. Nei decenni seguenti, il cenobio riprende le attività di preghiera e apostolato e di accoglienza dei pellegrini. Durante il secondo conflitto mondiale, si adopera per l’assistenza materiale della popolazione e custodisce, tra le sue mura, la Sindone di Torino. A pochi anni dalla fine della guerra, si stabilisce la costruzione della basilica nuova, su progetto di Florestano di Fausto, in stile romanico modernizzato, inaugurata nel 1961. Tra la fine del XX secolo e l’inizio del nuovo millennio, nel quadro del riordino delle diocesi italiane, l’autorità dell’abbazia di Montevergine è circoscritta al complesso monastico contiguo al santuario e alla casa abbaziale di Loreto.

La casa abbaziale di Loreto

Almeno dalla fine del XII secolo, la comunità di Montevergine esercita la propria autorità sul territorio di Mercogliano, a valle del Monte Partenio, dove, in località detta Orrita (poi Loreto), sorge una casa impiegata dai monaci quale residenza, infermeria e spezieria, per la cura di monaci e pellegrini malati e infermi, e quale sede della curia abbaziale e centro amministrativo della congregazione verginiana. La ricostruzione del Palazzo abbaziale di Loreto risale alla metà del XVIII secolo: splendido esempio del barocco napoletano, è progettato dall’architetto Domenico Antonio Vaccaro e dal suo successore Michelangelo Di Blasio; al cantiere partecipano artisti e artigiani, che arricchiscono di preziosi dipinti e arredi la sala capitolare, la galleria detta degli abati, la cappella, il refettorio, la farmacia, gli appartamenti, il giardino. Oggi ospita, tra l’altro, la Biblioteca statale annessa al monumento nazionale di Montevergine.