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Il placito cassinese
del marzo 960 d.C.

L’Archivio dell’Abbazia di Montecassino conserva il placito di Capua (marzo 960 d.C.), considerato uno dei primi documenti in volgare italiano.

Tra le circa 20.000 pergamene custodite presso l’Archivio di Montecassino, il prezioso placito risalente al 960 è ritenuto una delle prime testimonianze del volgare italiano. Un atto di natura giuridica in scrittura beneventana relativo ad una disputa su alcune proprietà rivendicate da Aligerno, abate di Montecassino. Il placito di Capua risale al marzo del 960, al periodo in cui la comunità cassinese – dopo il lungo soggiorno presso la sede capuana seguito alla distruzione saracena – ha fatto ritorno al monastero di Montecassino. Il volgare italiano vi è usato per riportare nella sentenza le parole dei testimoni.

LA PERGAMENA IN BREVE

Placito di Capua

Soggetto: documento di natura giuridica

Tipologia: pergamena

Cronologia: marzo 960 d.C.

Caratteristiche: redatto in scrittura beneventana, in lingua latina e volgare italiano

Origine: principato longobardo di Capua

Collocazione attuale: Archivio della badia di Montecassino

Il contenuto del placito capuano

Rodelgrimo del fu Lupone, di Aquino, e Aligerno, abate di Montecassino, rivendicano entrambi la proprietà di due appezzamenti di terreno nella contea di Aquino. La sentenza è emessa da Arechi, giudice della città di Capua – la sua firma si trova in calce con la formula “Arechisi iudex cibitatis Capuane”. Il documento raccoglie le testimonianze di Teodemondo, Mari e Gariperto del monastero cassinese. La formula in volgare utilizzata nel placito di Capua recita:

«sao ko kelle terre per kelle fini que ki contene trenta anni le possette parte s(an)cti benedictj»

ossia “Io so che quelle terre, entro i confini che qui descrive, le ha possedute per trenta anni la parte [l’abbazia] di san Benedetto”.
Presso l’Archivio dell’abbazia di Montecassino sono conservati altri placiti, redatti negli anni successivi (963 d.C.), in lingua latina con periodi in volgare. Documenti giuridici di analoga natura, relativi a controversie su beni che l’abbazia di Montecassino possiede nelle zone di Capua, Sessa Aurunca, Teano, indicati nel complesso come placiti cassinesi.